Due storie simili … qualche riflessione sulla nostra coerenza! di Claudio Mariani
Il Centro per gli Studi Criminologici ha sempre privilegiato un attento approfondimento scientifico prima di esprimere un’opinione equilibrata e soprattutto indipendente da ogni forma di stereotipo politico o confessionale; ci sembra opportuna questa premessa prima di sottoporre all’esame dei nostri lettori due storie ben documentate che ci inducano ad una seria riflessione su uno dei temi divenuti occasione di dibattito quotidiano.
Il Prof. Claudio Mariani è Avvocato - Criminologo - Coordinatore Dipartimento di Criminologia , Sociologia della Devianza e Comunicazione del CSC - Direttore del corso di Educazione al Diritto e Criminologia presso la C.C. di Viterbo
Due storie simili … qualche riflessione sulla nostra coerenza! di Claudio Mariani
Il Centro per gli Studi Criminologici ha sempre privilegiato un attento approfondimento scientifico prima di esprimere un’opinione equilibrata e soprattutto indipendente da ogni forma di stereotipo politico o confessionale; ci sembra opportuna questa premessa prima di sottoporre all’esame dei nostri lettori due storie ben documentate che ci inducano ad una seria riflessione su uno dei temi divenuti occasione di dibattito quotidiano.
Prima storia: Il 26 aprile del 2007 in seguito ad una lite banale sotto la linea della metropolitana di Roma, una ragazza rumena di nome Doina Matei uccide con un ombrello una ragazza italiana di nome Vanessa Russo; verrà condannata per omicidio preterintenzionale a 16 anni di carcere; dopo otto anni le viene consentito un regime di semilibertà in virtù del quale la ragazza può lavorare di giorno e rientrare in carcere la sera, ma alcune fotografie che la ritraggono durante una gita al mare scandalizzano l’opinione pubblica, la quale indignata rivendica il concetto di giustizia infangato da quella gita al mare, nonché dalla condanna a soli 16 anni considerata troppo mite (anche se condannata per omicidio preterintenzionale) e dal fatto che dopo soli otto anni un’omicida sia ammessa a questo regime di detenzione particolare.
Dopo poche ore dallo scandalo mediatico, viene revocato il regime di semilibertà e Doina Matei torna in carcere (il che ha reso poi necessario un ulteriore intervento legale).
Seconda storia: l’8 ottobre del 2010 in seguito ad una lite banale sotto la linea della metropolitana di Roma, un ragazzo italiano di nome Alessio Burtone uccide con un pugno una donna rumena (infermiera e madre di una bambina) di nome Maricica Hahaianau; verrà condannato per omicidio preterintenzionale a 8 anni di carcere; dopo quattro anni gli viene accordato l’affidamento ai servizi sociali in virtù del quale può lavorare di giorno e rientrare entro le ore 20 a … casa sua ( ! ).
Per completezza aggiungiamo che il ragazzo, sempre nel 2010 aveva aggredito e procurato lesioni anche ad un’altra donna … peruviana.
Due storie a nostro avviso molto simili: è identico il contesto dove sono avvenute le due tragedie, entrambe a seguito di una lite banale, molto simili anche nelle modalità con cui una reazione spropositata ha causato la morte di due persone anche se non premeditata nè voluta; cambiano solo i ruoli (invertiti) dei protagonisti delle due vicende (rumena/italiana e italiano/rumena), cambiano gli anni di condanna inflitti e cambiano le reazioni mediatiche di molti di noi …. su questo punto non aggiungiamo altro e lasciamo ai lettori ogni riflessione.
Vorremmo soffermarci un momento invece su un’altra forma di incoerenza che troppo spesso anima le nostre reazioni mediatiche: a parole siamo tutti convinti che la pena detentiva debba essere rieducativa e non solo punitiva …. a parole!
Nei due casi di cui sopra credo che gli operatori che si occupano del reinserimento sociale dei due ragazzi condannati, abbiano positivamente valutato il loro percorso di rieducazione e abbiano considerato il lavoro all’esterno del carcere come un elemento fondamentale del percorso stesso e certamente più rieducativo e di anni e anni trascorsi sulla branda di una cella; purtroppo invece noto che ogni qualvolta un condannato esce dal carcere ci scandalizziamo del fatto che un colpevole possa riprendere una strada (ammesso che sia facile dopo anni e anni di galera).
Un’ultima domanda: quando chi esce dal carcere è straniero ci scandalizziamo di più! Perche?
(Claudio Mariani - Avvocato - Criminologo - Coordinatore Dipartimento di Criminologia , Sociologia della Devianza e Comunicazione del CSC - Direttore del corso di Educazione al Diritto e Criminologia presso la C.C. di Viterbo)