CSC - Centro per gli Studi Criminologici


Titolo : <strong>Dove eravamo</strong> <span style="font-size: 12px;"><strong>-</strong></span><strong>&nbsp;</strong><strong>di Claudio Mariani</strong>
Categoria : Gli Esperti scrivono

Intestazione :

Dove eravamo - di Claudio Mariani

Omicidio preterintenzionale, sequestro di persona, tortura, stalking, lesioni personali, rapina, violazione di domicilio, danneggiamento, il tutto con l’aggravante della crudeltà. Questo è lo spaventoso carico di imputazioni che grava sui 14 adolescenti di Manduria che hanno presumibilmente causato la morte di un anziano pensionato con problemi psichici.

Il prof. Claudio Mariani è Avvocato - Criminologo - Direttore Area Criminologia del CSC - Direttore del Dipartimento di Vittimologia e di Studi Penitenziari  del CSC - Direttore del corso di Educazione al Diritto e Criminologia presso la C.C. di Viterbo.



Testo :

Dove eravamo - di Claudio Mariani

 Omicidio preterintenzionale, sequestro di persona, tortura, stalking, lesioni personali, rapina, violazione di domicilio, danneggiamento, il tutto con l’aggravante della crudeltà. Questo è lo spaventoso carico di imputazioni che grava sui 14 adolescenti di Manduria che hanno presumibilmente causato la morte di un anziano pensionato con problemi psichici.
All’indomani della drammatica notizia è subito ripartito il consueto rituale che in queste circostanze riempie le pagine dei quotidiani e dei telegiornali: la ferma condanna delle istituzioni, studi televisivi affollati di esperti opinionisti, il corteo o la fiaccolata di solidarietà, la crescente domanda di condanne esemplari. Tutti ingredienti che arricchiscono la ricetta di cui abbiamo bisogno per anestetizzare il nostro sconcerto, l’indignazione,la commozione e le emozioni che ci hanno coinvolto per qualche giorno, dopo di che l’oblio. E siamo pronti per la prossima tragedia che affronteremo con la medesima terapia.
Val la pena ricordare che in un solo anno sono stati circa 20 mila i minorenni soggetti a provvedimenti restrittivi, autori di circa 11 mila reati commessi contro la persona e sfociati in ben 103 omicidi! Una statistica devastante che dovrebbe convincerci che i nostri rituali non sono efficaci a scongiurare le tragedie; e a chi ci dice che “è ora di finirla” noi dobbiamo invece rispondere che è ora di cominciare!

Si! E’ ora di cominciare a rigenerare il concetto di comunità, dove ognuno condivida problemi e responsabilità: non è pensabile che in un piccolo paese (ma nei condomini delle metropoli le dinamiche sono le stesse) nessuno fosse a conoscenza di un dramma che andava avanti da anni, che un uomo solo e malato venisse regolarmente bullizzato e che sia stato costretto a blindare la sua abitazione a causa delle frequenti incursioni dei suoi carnefici i quali riprendevano le loro gesta scellerate con i cellulari.
E’ ora di dismettere i panni dell’omertà e indossare quelli della solidarietà e dell’azione.

Oggi tutti gridiamo allo scandalo e chiediamo condanne esemplari ma dove eravamo quando quell’uomo solo e malato soffriva? La sua sofferenza infatti è cominciata ancor prima di conoscere quei 14 balordi; è cominciata già quando nessuno di noi gli è stato vicino nella sua solitudine e nella sua malattia psichica.
Personalmente mi sento responsabile perché anche io non so bene chi in questo momento sia solo e malato nel palazzo dove abito e credo che il dolore si possa evitare quando comincia una tragedia e non solamente quando finisce chiedendo pene più severe: i numeri di cui sopra sono indicativi del fatto che sempre più minori bruciano le loro vite e quelle degli altri e questo nonostante i nostri tentativi di reprimere il fenomeno anziché prevenirlo.

Sono anche io sicuro che esistano responsabilità educative ma sono altrettanto certo che i figli non siano solo figli di chi li genera ma di una intera comunità e tutti possiamo partecipare alla loro maturazione e alla loro consapevolezza, nessuno escluso: ad esempio ho conosciuto un venditore di play station che nel suo negozio si rifiuta di vendere quei video giochi di terrore e di inaudita violenza che vanno per la maggiore; trovo che sia un esempio di obiezione di coscienza estremamente significativo.

In conclusione dunque, con riguardo ai colpevoli usciamo dalle banalità distruttive e inconcludenti (nel senso che i numeri parlano chiaro!) del “chi sbaglia paga” o del “buttiamo via le chiavi” ed entriamo nella logica costruttiva di un tessuto sociale senza più muri tra famiglia, scuola, quartieri, luoghi di aggregazione sociale e che propongano modelli alternativi alle subculture dei “gruppi” carichi di aggressività, rabbia e frustrazioni: una miscela esplosiva che impedisce di essere consapevoli, di governare gli impulsi, di riflettere sulle conseguenze.
Con riguardo alle nostre comunità cominciamo a sentirci anche noi un po’ più responsabili e non solo giudici di quel che accade.

(Claudio Mariani - Avvocato - Criminologo - Direttore Area Criminologia del CSC - Direttore del Dipartimento di Vittimologia e di Studi Penitenziari  del CSC - Direttore del corso di Educazione al Diritto e Criminologia presso la C.C. di Viterbo )

 



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