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"Posse come potis esse": il reale in quanto varietà del possibile IT - di Flavia Vittorini  



"Posse come potis esse": il reale in quanto varietà del possibile IT - di Flavia Vittorini

«Incessante alternanza tra creazione e coercizione»
Riferendosi a Foucault, Hutton definisce con queste parole la principale tendenza umana nell’affrontare la vita quotidiana. Una sentenza forse azzardata ma che, innegabilmente, ricorda molto la nostra vita “online” e il nostro rapporto con quel complesso mondo multiformeche la tecnologia rappresenta.

Sotto i vessilli dell’efficienza e della rapidità, assecondata dalla retorica del problema che fa da padrona, la “rete delle reti” coinvolge nel suo capillare controllo ciascuno di noi che, in maniera più o meno attiva, si auto elegge sorvegliante e sorvegliato nell’irriflessività di gesti divenuti routine.

«Possibile come posse, cioè potis esse, essere padrone di, avere in proprio potere, ma possibile è anche ciò
che può accadere, ciò che posso fare o ottenere». ( T. SERRA, L’uomo programmato, Giappichelli, Torino, 2003, p. 59.)
La tecno scienza, considerando il reale in quanto varietà del possibile, ha reso quest’ultimo normativo e lo ha utilizzato come magnete per afferrare un crescere di consensi sempre più affascinati dal senso di creatività e novità che esso invoca. La riflessione che qui avvio ma che è destinata a proseguire, deve partire anziché dal possibile, dall’atto che dà luogo a questa possibilità, da come e a chi spetti la decisione di immoralità del comportamento.

Con lo sviluppo avanzato delle tecnologie si è giunti oggi a un pieno superamento della legge di causalità della natura alla quale si aggiunge un’attività presupposta alla possibilità, divenuta normativa. Il potis esse, citato poc’anzi, possibile in ambedue le sue definizioni, permette un collegamento immediato tra decisione,progetto, “possibilizzazione” e quindi determinazione dei fini.
Rimanendo all’interno della corrente della Serra,autrice della precedente citazione, la progettualità può essere immaginata come quella tendenza “iscritta” nel DNA umano, l’istinto che risponde al desiderio di ciascuno di dare una forma al mondo, alla vita e all’uomo in generale in maniera consona ai propri bisogni e desideri. Ben diversa è invece la programmabilità, una caratteristica che, soprattutto con le nuove tecnologie di comunicazione e controllo, viene sempre di più affinata a discapito della prima e che mira a inserire il singolo in un programma di vita e controllo privo di progetto, incurante della voce individuale nel coro complessivo.( Cfr, Ivi, p. 60)

La programmabilità, a cui enti e organismi di controllo aspirano, si scontra con la progettualità naturale dell’uomo legata alla sua libertà, imprevedibilità e intenzionalità perché stringe il singolo alla sola realizzazione di obiettivi altrui, rendendolo così un “manufatto” interscambiabile: «opera di soggetti umani che si arrogano il potere di intervento, perché ne hanno le possibilità tecniche».( Ivi, p. 62.)
Spesso nell’opinione pubblica si è parlato di quanto l’erosione e la frantumazione di confini operati dal cyberspazio potessero permettere il ritorno a una “democrazia”, a una piazza pubblica e condivisibile in cui tutti potessero essere liberi e indipendenti.

I nuovi canali d’informazione di massa, in particolar modo i più famosi social media, offrono certamente possibilità di emancipazione umana ma anche tutti gli strumenti necessari per raggiungere un generalizzato stato di assoggettamento e di “schiavitù” multimediale “dell’homo sapiens scomposto”.Probabilmente nessuno dei due stati potrà essere raggiunto senza un’implicazione dell’altro, per questo, onde non affogare in una paranoia affrettata, sta a ciascuno di noi il compito di mantenere vigile il nostro spirito critico e saper usare gli strumenti per quello che sono, senza rendersi suggestionabili da retoriche e promesse che fanno perdere di vista le conseguenze e la razionalità.
Il contraddittorio processo che ci coinvolge quotidianamente vede da una parte il rifiuto della regola, un atteggiamento spesso non compreso ma intrapreso solo per riprova sociale, e dall’altro un’esasperazione precettistica che detta, indistintamente, minuziose norme di comportamento e pensiero nel pubblico e nel privato. Infinità di regole “accuratamente confusionarie”che vengono disprezzate, seguite e immediatamente rese inutili per la velocità con cui corre la quotidianità ormai dimentica del tempo e del gusto del presente.

Tutto questo comporta una doppia fuga dell’individuo dalla realtà e dalla responsabilità che ingenerano il rifiuto di ogni attitudine consolidata, considerata espressione di una volontà nata in condizioni ormai “superate”.
Questo desiderio di autonomia, ininterrotto e senza realizzazione, comporta un condiviso stato di insoddisfazione, spesso repressa o camuffata.

Però, come ci spiega la Serra,
«Il vero senso dell’emancipazione sta anche nel non soggiacere a forme di fuga dalla realtà e nel sapersi difendere dall’autoinganno, nel saper tornare alla comunicazione nascente da una inter soggettività, resa possibile da un inter–esse reale e da una capacità di pensiero che realizza già un discorrere interno alla maniera socratica. Il senso vero dell’emancipazione sta nel sapersi assumere il compito di ricominciare il tempo attraverso la messa tra parentesi, ma non il rifiuto, del già avvenuto, nel sapersi assumere la responsabilità delle proprie decisioni, restando all’interno di un mondo comune nel quale l’esperienza di un dialogo ha fatto maturare punti di vista condivisi e senso di responsabilità e che deve continuare ad essere esperienza comunicativa».( Ivi, p. 66.)

È naturale che dove si stabiliscono forme di relazione, mediate o dirette che siano, si creino anche forme di potere e pericoli di comunicazioni distorte o persuasive. Fattori che ritroviamo tutti nella nostra epoca IT facilitata da immagini sempre più realistiche e attraenti.

La questione, che lascio volutamente aperta, è cercare quindi di capire come affrontaremomenti decisivi nella vita “2.0”, quali: la riduzione del progettuale umano al programmabile, la divinizzazione di una tecnologia in grado di trasformare la realtà a nostro uso e consumo, le associazioni “azzardate” ma immediate e condivise tra novità, dunque verità, quindi tecnicamente possibile, indi per cui lecito.
Fattori che, come vedremo nei prossimi articoli, continueremo ad approfondire tanto nella vita online che nei rapporti vis à vis.
(Flavia Vittorini - ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Filosofiche presso L'Università degli Studi Roma Tre. Ha conseguito un Master a Philadelphia (USA) in Digital Business Management.
Collabora con l’Area  Scienze Comportamentali  del  CSC Centro per Gli Studi Criminologici, giuridici e sociologici.
)

Bibliografia

BAUMAN Z., LYON D., Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida, tr. it. a cura di Marco Cupellaro, Laterza, Roma-Bari, (2013), 2° ed. 2014.
BAUMAN Z., MAURO E., Babel, trad. it. degli interventi di Z. Bauman a cura di Michele Sampaolo, Laterza, Bari, 2015.
HUTTON P. H., Foucault, Freud e le tecnologie del sé, in Tecnologie del sé, un seminario con Michel Foucault, a cura di Luther H. Martin, HuckGutman, Patrick H. Hutton, Bollati Boringhieri, Torino, 2015
LOVINK G., Ossessioni collettive. Critica dei social media, Università Bocconi Editori, Milano, 2012.
LYON D., La società sorvegliata, tecnologie di controllo della vita quotidiana, pref. a cura di Stefano Rodotà, trad. it. A cura di Adelino Zanini, Feltrinelli, Milano, 2002.
LYON D., L’occhio elettronico, privacy e filosofia della sorveglianza, Feltrinelli, Milano, 2007.
R. FINELLI, La conclusione di una ragione possibile, in “Un parricidio compiuto. Il confronto finale di Marx con Hegel”, Jaca Book, Milano, 2012
SERRA T., L’uomo programmato, Giappichelli, Torino, 2003.


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