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Violenza sulle donne: una questione anche maschile - di Maria Felicita Pizzi  



Violenza sulle donne: una questione anche maschile - di Maria Felicita Pizzi

Psicoterapeuta sistemico-relazionale e consulente – Docente  presso il Centro per gli Studi Criminologici di Viterbo – Consulente S.A.I onlus

Siamo investiti purtroppo con una frequenza quasi quotidiana da notizie che ci narrano di ennesimi episodi di violenza letale nei confronti delle donne. Un fenomeno rilevante che è motivo di continua ricerca ed analisi da parte dell’equipe scientifica del CSC – Centro per gli Studi Criminologici durante gli incontri di studio ed approfondimento che si svolgono periodicamente presso il Centro.

E’ importante parlare delle donne vittime di violenza ma è bene ricordare che esistono anche uomini maltrattati e uccisi, anche se in numero esiguo, molti dei quali omosessuali, in questo caso si parla di omocidi.  Molte di più statisticamente sono le donne che ogni giorno vengono picchiate, umiliate, stuprate, senza dimenticare i molti modi in cui, più sottilmente, viene perpetrata  la violenza nei loro confronti: offese, denigrazioni, attacchi all’autostima. La violenza psicologica, è bene ricordarlo,  lascia ferite molto più profonde della violenza fisica.

L’attenzione posta sul tema della violenza sulle donne ha però per molto tempo lasciato nell’ombra proprio gli autori della violenza. Se ci sono moltissime donne vittime, ci sono anche moltissimi uomini maltrattanti. È un fenomeno, un  problema complesso che richiede delle risposte complesse. Per contrastare e prevenire realmente la violenza sulle donne (violenza fisica, psicologica, sessuale, economica) è quindi di fondamentale importanza spostare l’attenzione dalle vittime, che vanno comunque protette e sostenute, ai colpevoli. Sono molte, difatti, le iniziative volte a sostenere percorsi di uscita dalla violenza e di ricostruzione di strategie autonome di vita per le donne che subiscono abusi e sopraffazioni. Molti di meno sono, invece, gli interventi rivolti agli uomini che maltrattano le donne e agli autori di reati violenti.

Da più di quarant’anni i movimenti femministi ed i centri antiviolenza si occupano di tutelare le donne vittime ed i loro figli, ma senza un serio intervento sugli uomini che si comportano in modo violento non ci sarà un vero cambiamento sociale e il numero delle donne vittime di soprusi continuerà, purtroppo,  a rimanere elevato.

Con fatica nel nostro Paese sta emergendo la consapevolezza che la violenza sulle donne è prima di tutto un problema maschile. La sensibilità sociale verso gli uomini maltrattanti e gli autori di reati violenti sta maturando lentamente e solo negli ultimi tempi si è iniziato a lavorare in questa direzione, sono infatti ancora pochi i casi di intervento nei confronti degli uomini autori di violenza. Nel 2009 a Firenze è nato il primo Centro per uomini maltrattanti,  da allora sono stati aperti dei servizi rivolti agli uomini  in molte città del Nord e del Centro Italia. È proprio partendo dai risultati del lavoro psicoeducativo  rivolto agli uomini condotto in questi Centri che si può proseguire per estendere ad altre regioni del Paese questo tipo di servizi. Nel panorama internazionale esistono già da molti anni centri per uomini che agiscono violenza e l’Italia è ancora molto indietro.

Un uomo che si comporta in modo violento, infatti, se aiutato, può cambiare. La violenza è una scelta (sono poche le persone che compiono questo tipo di crimini a causa di un disturbo mentale) e  gli uomini possono imparare a comportarsi in modo non violento assumendosi la piena responsabilità delle loro condotte. Quando una donna e i suoi figli vivono una situazione di grave maltrattamento, si deve intervenire tempestivamente per evitare che i comportamenti degenerino e si ripetano. È possibile, inoltre, ridurre il rischio di recidiva negli autori di reati violenti se sottoposti a programmi di trattamento efficaci durante il periodo trascorso in carcere; è pertanto importante lavorare con gli uomini che hanno commesso questo tipo di crimini, come prevede anche l’art. 27 della Costituzione che afferma chiaramente la finalità rieducativa della pena, se si vuole davvero interrompere il circuito della violenza.

È quindi opportuno, da un punto di vista  strategico, aprire centri e servizi per uomini maltrattanti e attuare programmi di trattamento in carcere se davvero si vuole contrastare questo fenomeno e ridurre la cosiddetta “violenza assistita” (figli che osservano i genitori coinvolti in episodi di violenza). Si tratta, in realtà, di un cambiamento prima di tutto culturale e politico. È importante che vengano finanziati anche questo tipo di progetti e di attività, riconoscendo l’importanza della questione maschile e dei servizi rivolti agli autori di reati violenti. È opportuno, inoltre, formare operatori preparati a svolgere attività trattamentali con questa particolare tipologia di persone.

La violenza sulle donne continua ad essere considerata un problema delle donne è, invece, anche e soprattutto una questione maschile. Dobbiamo imparare a mettere l’accento sulla responsabilità che hanno gli uomini: lo sguardo va quindi rovesciato e il fenomeno della violenza va visto anche da altri punti di vista. Tutti devono imparare ad infrangere il silenzio davanti all’abuso al fine di contrastare la violenza, la disuguaglianza tra i generi e la violazione dei diritti delle donne. Siamo tutti noi, donne e uomini, a dover uscire dal silenzio e a denunciare ogni atteggiamento inaccettabile al fine di promuovere un vero cambiamento sociale. Il dibattito sulla violenza di genere e sul  femminicidio deve quindi uscire dal “recinto” degli addetti ai lavori e dall’emergenza per diventare una questione politica di rilievo che coinvolge ogni cittadino, non ci sono scorciatoie.

Maria Felicita Pizzi

 

                                                                                                               

 


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