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Italiano: pizza, mafia e mandolino
Migrante extracomunitario: incivile, delinquente e terrorista - di Claud
 



Italiano: pizza, mafia e mandolino
Migrante extracomunitario: incivile, delinquente e terrorista - di Claudio Mariani

Quando in giro per il mondo le nostre origini italiane venivano salutate con la classica espressione “pizza, mafia e mandolino”, provavamo tutti un comprensibile senso di rabbia perché il pregiudizio si diffondeva grazie all’ignoranza: forse il mondo ignorava la civiltà del Diritto Romano, il Rinascimento, San Pietro e la culla del Cristianesimo, le nostre città d’arte meta del turismo internazionale, lo stile del made in Italy e tanto altro … e noi beneficiavamo di un’etichetta che in due parole ci descriveva come delinquenti, festaioli e superficiali!

Ma quel “mondo” che forse così ci etichettava per ignoranza è andato avanti e lo dimostra ad esempio il fatto che a New York si sono avvicendati 4 sindaci italiani negli ultimi 70 anni (Fiorello La Guardia, Giuliani, Impellitteri e De Blasio) … è vero che il pregiudizio esiste ancora ma c’è chi lo combatte per diffondere una cultura  che vada in una direzione opposta e quindi verso l’incontro con  lo straniero e il diverso: l’Inghilterra è stata più volte colpita dal terrorismo integralista ma un musulmano (Sadiq Khan) è diventato sindaco di Londra … e a chi sostiene che non accadrà mai il contrario e cioè che un cristiano possa diventare sindaco di un Paese musulmano possiamo ricordare che è già accaduto in Indonesia, la nazione con il più elevato numero di persone di religione musulmana, dove un cristiano è diventato governatore di Jakarta.
Non oso pensare cosa accadrebbe se un magrebino diventasse sindaco di Roma!

Il problema a mio avviso sta nel fatto che troppa politica populista e troppa stampa utilizzano il termine “migrante” per definire il clandestino o il fondamentalista e senza mai approfondirne la provenienza, le motivazioni, la cultura e quanto altro occorre per conoscere, capire e cercare soluzioni; siamo portati ad identificare lo straniero come una minaccia e come un bersaglio contro il quale sfogare tutte le nostre paure e le nostre insicurezze.

Sottolineare e ripetere che è rumeno colui che ha stuprato una minorenne aumenta la percezione che dobbiamo difenderci dai rumeni; distorcere le statistiche di alcuni reati come fossero espressione di culture straniere aumenta l’allarme sociale e la necessità di combattere per difenderci; negli ultimi due mesi a Napoli si sono verificati sei episodi di gravissima violenza ad opera di baby gang e giustamente si parla di maggior controllo del territorio ma al tempo stesso di prevenzione, per generare una cultura di legalità e civile convivenza e non certo per combattere una guerra contro i napoletani (che io considero persone meravigliose e straordinarie sotto tutti i punti di vista!).

E’ anche vero che aumenta progressivamente il numero dei detenuti stranieri nei nostri carceri, ma a mio avviso è da ignoranti rimanere in superficie e non esaminare le cause del problema: nella maggior parte dei casi è la cultura di provenienza o l’inciviltà la causa della devianza o piuttosto la loro ghettizzazione, le precarie condizioni di vita alle quali sono costretti, l’impossibilità di accedere a qualunque servizio, la difficoltà ad acquisire uno status regolare, l’etichettamento, la discriminazione, l’esclusione sociale?

Ancora più tristi e patetiche sono poi quelle situazioni in cui si insediano le cosiddette colonie etniche in periferie già degradate di alcune metropoli (in alcuni casi con il consenso strategico degli amministratori), dando luogo alla più classica delle guerre tra poveri per incrementare il disordine sociale e giustificare il conflitto piuttosto che un programma strutturato di coesione.

In conclusione, il tempo ci sta dimostrando che non è con i conflitti che si risolverà l’emergenza delle migrazioni ma con un approfondimento concreto del fenomeno migratorio e con una ricerca attenta delle politiche di integrazione, partendo dal presupposto che ognuno deve partecipare e non chiudere le porte.
Non cadiamo anche noi nella demagogia dell’ignoranza della quale siamo stati vittime per tanto tempo che etichettava l’italiano come pizza, mafia e mandolino!

 

(Claudio Mariani - Avvocato - Criminologo - Direttore Area Criminologia del CSC - Direttore del Dipartimento di Vittimologia e di Studi Penitenziari  del CSC - Direttore Didattico della Scuola Annuale di Alta Formazione in Analisi Comportamentale del CSC - Direttore del corso di Educazione al Diritto e Criminologia presso la C.C. di Viterbo )


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