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I giovani e la cultura della violenza - di Valentina Tanini  



I giovani e la cultura della violenza - di Valentina Tanini

Psicologa - Psicoterapeuta - Coord.re Dip.to di Psicologia Clinico Forense e Sociale del CSC - Coord.re S.A.I. onlus

Alla luce dei fatti di cronaca nera che vedono come autori dei reati giovani e giovanissimi ci chiediamo perché la violenza sembra essere così presente nel linguaggio, nel pensiero e nei comportamenti dei giovani.

Come consulente dello Sportello Ascolto Integrato S.A.I. onlus, che si trova a Viterbo in Piazza San Francesco n. 2, mi sono occupata personalmente ed assieme alla equipe di psicologi- psicoterapeuti del S.A.I. a più riprese della violenza nei confronti dei giovani e tra giovani. Basti ricordare  la campagna  del S.A.I. contro il bullismo e il cyber – bullismo che ha coinvolti 10 comuni della Tuscia. Prossimamente il 20 maggio 2017, si approfondirà, nell’ambito della iniziativa , “Essere donna… non solo l’otto marzo”,  ormai arrivata alla IV edizione, il fenomeno delle ‘baby gang rosa’. L’incontro che è pubblico si svolgerà dalla ore 17:30 alle ore 19:30, a Viterbo, presso il Circolo Cittadino in Via dei Pellegrini, n. 23 e vedrà la partecipazione della Dr.ssa Maria Felicita Pizzi  che intervisterò proprio su questo argomento.

 In primis,  credo,  che per comprendere meglio i comportamenti violenti di un adolescente, occorra prendere in esame il suo rapporto con le emozioni, in modo particolare con la rabbia. L’adolescenza rappresenta per il giovane un  momento di attesa: uno stadio psicosociale in cui egli sente che non appartiene più all’infanzia e nello stesso tempo non ha ancora raggiunto l’età adulta. In questa fase l’adolescente cerca di capire chi è e per questo sperimenta diversi modelli di identità prima di scegliere quello definitivo. Lo psichiatra e psicoanalista Winnicott (1962) ha  detto“Un tratto caratteristico proprio degli adolescenti è quello di mettere alla prova tutte le misure di sicurezza e tutte le norme, le regole e le discipline, proprio per rafforzare il loro senso di sicurezza […] gli adolescenti hanno bisogno di tutto ciò perché si trovano a dover far fronte, nel loro intimo, a nuovi e violenti sentimenti che li spaventano, ed hanno bisogno di costatare che i controlli esterni siano ancora in opera. Ma allo stesso tempo essi devono provare di essere capaci d’infrangere quelle barriere e affermare la propria personalità”.
Tra i comportamenti adolescenziali più comuni troviamo quello del raccontare bugie, che assolvono alla funzioni di segreti  grazie ai quali l’adolescente sente rinforzato il suo senso di onnipotenza. Non è raro, tuttavia, che egli possa compiere piccoli furti domestici come impadronirsi di denaro o di oggetti di poco valore;  atteggiamenti  questi che evidenziano una sua difficoltà ad esprimere bisogni e richieste ai propri genitori, conservando il desiderio latente di dipendere completamente da loro tanto da ritenere la sua un’appropriazione debita e non indebita.
La trasgressività maschile ha come obiettivo, in genere, l’autorità, le leggi e lo Stato; l’agito femminile, invece, passa attraverso l’esibizione di un’arrogante seduttività che altro non è che un attacco all’immagine materna e ai severi dictat da questa imposti.
Oggi accanto a queste già note condotte adolescenziali, osserviamo una vera e propria escalation di comportamenti violenti da parte  di giovani e giovanissimi, nei confronti dei propri  coetanei (bullismo) e degli adulti di riferimento (uccisione dei propri genitori).
In realtà fatti di cronaca nera  che hanno avuto per protagonisti adolescenti, non sono solo un fenomeno della nostra epoca, tuttavia, ciò che oggi appare più difficile rispetto al passato è stilare un chiaro identikit del giovane adolescente,  in quanto  la violenza agita dai giovani è un fenomeno trasversale, che non riguarda solo appartenenti ad uno specifico ceto sociale o ad gruppo di attivisti politici.
Autori di bullismo, pestaggi, parricidi o matricidi, possono essere ragazzi di qualsiasi  estrazione sociale, vittime, come dice Winnicott, di sentimenti violenti a cui non sono riusciti a far fronte, come una rabbia non  ben canalizzata. La difficoltà maggiore per un ragazzo e una ragazza dei nostri giorni è quella di imparare a vivere la frustrazione conseguente al mancato soddisfacimento di un proprio bisogno, come un aspetto doloroso e nello stesso tempo costruttivo per il proprio sé.  I divieti e i “no” degli adulti  stanno perdendo la loro funzione primaria di contenimento e trasmissione di significati etici e morali, in quanto vengono dispensati in una forma schizofrenica: si passa dalla rigidità assoluta ad un forte permissivismo.
Nel giovane, in questo  modo, viene  a mancare la costruzione interna del significato di quel “no”. L’idea di far coincidere l’acquisto del motorino, un viaggio, o il cellulare nuovo  con la promozione a scuola, ad esempio, fa sviluppare nella mente dell’adolescente l’idea che per raggiungere ciò che desidera si deve passare necessariamente attraverso l’impegno e il sacrificio. In questo caso viene frustrato il desiderio infantile di onnipotenza (io posso tutto, a me tutto è dovuto, tutto è mio),  che  pian piano lascia spazio  al piacere legato all’attesa del soddisfacimento del proprio bisogno, processo  di cui egli diventa parte attiva (non è tutto mio, io mi devo conquistare ciò che voglio) .
Si modifica, quindi, anche il rapporto che l’adolescente istaura con l’oggetto desiderato che acquisisce per lui un maggior valore (che sia un nuovo cellulare o la ragazza di cui si è innamorato/a), come ci insegna il Piccolo Principe : “È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante”. La capacità di tollerare la frustrazione e sviluppare uno spirito di sacrificio si tradurranno nella relazione che l’adolescente  sviluppa  con l’altro in termini di  atteggiamenti di tolleranza e rispetto. Un giovane a cui viene lasciato lo spazio per esperire il proprio disagio ed elaborarlo è in grado di riconoscerlo e comprenderlo nell’altro, ovvero di sviluppare una capacità di empatia e “un giovane che riscopre la sua empatia inizia a riconquistare una parte vitale della sua umanità” (H. Hunt 1999).

Valentina Tanini


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