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La Mindfulness come luogo d’incontro con il Sé - di Paolo Dattilo  



La Mindfulness come luogo d’incontro con il Sé - di Paolo Dattilo

Prima di pubblicare le prossime attività formative che il CSC  ha in programma sulla pratica della mindfulness, mi è sembrato opportuno, attraverso questo contributo, accennare a cosa sia la Mindfulness.

La mente trova la propria realtà in quanto processo, come continuo fluire di esperienze intellettuali, emotive e sensoriali. In genere vaga casualmente e si attiva in modo autonomo, ma secondo traiettorie condizionate di associazioni e abitudini. Mentre si impara a osservare e a comprendere questo processo, la naturale capacità della mente di calmarsi e di rendersi più chiara si rafforza, risultando meno sottoposta ai modelli costrittivi di pensiero e di emozioni.

La meditazione infatti porta a scendere in sé stessi, a superare le acque agitate per raggiungere la quiete del profondo, a quella profondità da cui il pensiero prende forma e la mente vi attinge risorse nuove, prima quasi irraggiungibili. In questa condizione è come se una super-mente ultrafisica, la dimensione transpersonale dell’essere, trovando la mente “fisica” libera dai macigni dello stress e dei pensieri, vi depositasse la sua piena conoscenza (Dembech, 2004).
La meditazione Mindfulness, sebbene tragga le proprie origini dall’antica meditazione vipassana, integra le proprie applicazioni con le più avanzate ricerche scientifiche. In questo approccio l’enfasi è sullo scopo di raggiungere una consapevolezza caratterizzata dall’essere svegli, attenti e presenti a ciò che la propria mente sta vivendo momento per momento, dall’imparare ad assumere un atteggiamento di attenzione e apertura verso tutto ciò che si presenta alla mente. Una di queste integrazioni è rappresentata dai modelli di trattamento della terapia cognitiva (Montano, 2007).
In questo caso sono stati elaborati modelli strutturati e validati empiricamente, applicati con successo in una ampia gamma di disturbi fisici e mentali: dolore cronico, psoriasi, stress, ansia, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo del comportamento alimentare, dipendenze, ecc.  
     
Il costrutto della mindfulness, secondo l’analisi fattoriale di Baer (2006), si basa su quattro fattori: non giudicare (indice di bassa carica nevrotica); non reagire (indice di accettazione/adattamento); agire con consapevolezza (indice di analisi, autoascolto ed intelligenza emotiva); descrivere (indice di accettazione/adattamento). I primi tre indicano una validità incrementale nell’ambito della psicopatologia.
A latere si precisa che l’osservazione (disponibilità all’esperienza) è stata giudicata elemento scostante, di vaghezza, e la sua inclusione opzionale; nell’azione con consapevolezza si nega la distrazione nonché stati dissociativo-fusionali.

Descrizione ed osservazione implicano la estroflessione del proprio sentito-visto: sono eteroascolto e pertanto più soggetti a fluttazioni socioculturali. La consapevolezza mindfulnesspermette di scremare le rappresentazioni invarianti di categorizzazione (Hawkins, Blakeslee, 2004), di rimodulare la densità informativa attraverso la riespansione soggettiva in connessione ad un filtro ultracategoriale: la presenza come riformulazione dell’io. La mindfulness è metacognizione, consapevolezza della consapevolezza (regioni mediali della corteccia prefrontale, corteccia orbito frontale e prefrontale ventromediale e cingolato anteriore), non sola consapevolezza (conoscenza intrapsichica di sé-introspezione regioni posteriore e laterale del cervello).

Si può, a bene vedere, definirla come coscienza intuitiva, il vedere che va oltre la deduzione (Petitmegin-Peugot, in Varela e Shear, 1999). Qui si parla della mindfulness anche nelle sue due principali applicazioni (MBCT e MBSR), che vede nella sintonizzazione ed ascolto non giudicante i fondamenti. Non si tratta di emotional processing ma di una condizione che fenomenologicamente si avvicina, non coincidendovi, alla psicologia della creazione. <<La presenza consapevole e silenziosa ai propri contenuti mentali: percettivi, emotivi, cognitivi>> (Giommi, in Segal, Williams, 2006).

(Paolo Dattilo - Psicologo - Psicoterapeuta - Direttore dell'Area Psicologia e del Dipartimento Psicologia Clinica e Sociale del Centro per gli Studi Criminologici - Membro del Comitato Scientifico del Centro per gli Studi Criminologici - Direttore del S.A.I - Sportello Ascolto Integrato onlus - Ha pubblicato nel 2015 “Meditazione ipnotica-Mindfulness”, Ed. Sovera.)

Bibliografia

Baer, R.A., Smith, G.T., Toney, L., et al. (2006). Using self-report assessmentmethods to explorefacets of mindfulness. In Assessmentn° 19, 1, pp.27-45.
Dembech, G. (2004). Meditare è facile. Torino: Edizioni L’Ariete.
Giommi, F. (2006). Al di là del pensiero, attraverso il pensiero. In Segal, Z.V., Williams J.D. In Mindfulness. Teasdale: Bollati Boringhieri.
Hawkins, J., Blakeslee, S., (2004). On intelligence. New York: Times Books.
Montano, A. (2007). Mindfulness – Guida alla meditazione di consapevolezza. Salerno: Ecomind.
Petitmegin-Peugot. (1999). The intuitive experience. In Varela, F. e Shear, J. (a cura di). The view from within: first-personapproaches to the study of consciousness. Thorverton: ImprintAcademic.

 


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