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Femminicidio. Giornalisti in riflessione -  di Lara Stefani
Giornata di formazione del 24 febbraio 2018
 



Femminicidio. Giornalisti in riflessione  - di Lara Stefani
Giornata di formazione del 24 febbraio 2018

 

“Facciamo un grave torto ai maschi educandoli come li educhiamo. Soffochiamo la loro umanità. Diamo della virilità una definizione molto ristretta. La virilità è una gabbia piccola e rigida dentro cui rinchiudiamo i maschi. Insegniamo loro ad avere paura della paura, delle debolezze, della vulnerabilità. Insegniamo loro a mascherare chi sono davvero perché devono essere, per usare un’espressione nigeriana, uomini duri. […] Ma la cosa peggiore che facciamo ai maschi – spingendoli a credere di dover essere dei duri – è che li rendiamo estremamente fragili. Più un uomo si sente costretto ad essere un duro e più la sua autostima sarà fragile. E poi facciamo un torto ben più grave alle femmine, perché insegniamo loro a prendersi cura dell’ego fragile dei maschi. Insegniamo alle femmine a restringersi, a farsi piccole”
(Dovremmo essere tutti femministi – Chimamanda Ngozi Adichie).

Da dove nasce la violenza di genere? Si tratta di un male della società moderna o di un retaggio culturale? Si tratta di gesti folli di uomini normali o si tratta di gesti normali di uomini folli? E che ruolo hanno i media? Istruiscono o funzionano come cassa di risonanza delle disfunzioni e delle derive della mente umana?

Tante domande all’evento di formazione per giornalisti del 24 febbraio scorso organizzato dal Centro Studi Criminologici di Viterbo.
Tante domande e tante possibili risposte. Ma tante donne stanno subendo,  morendo, è la realtà che ci esorta a cercare soluzioni immediate, efficaci e condivise.
La violenza di genere è un dato di fatto da cui non possiamo più prescindere. E’ subito dietro i sorrisi di molte donne, celato dalla quotidianità, dalla paura, dalla speranza.

Sabato si è fatto un percorso che, partendo dai reati che interessano il fenomeno del femminicidio, in un crescendo di violenza in termini di pena e di tipologia di condotte delittuose, e passando per l’iter processuale, è giunto ad interrogarsi sul ruolo dei media, sulla contesa quotidiana tra il diritto e il giornalismo.

La verità mediatica si sovrappone e si imprime nella mente di molti, prevalendo spesso sulla realtà storica e su quella processuale. E il rischio è quello di vittimizzare e banalizzare la donna o, diametralmente all’opposto, emettere una prematura sentenza di condanna nei confronti dell’indagato/imputato, saziando così la fame di stereotipi dei lettori.
E in questa spettacolarizzazione della realtà umana, raccontata come la trama di un film drammatico, inevitabilmente scompare il reato.

Ma esiste anche del buon giornalismo, un giornalismo sano, che istruisce, insegna, fornisce chiavi di lettura corrette, narrando i fatti per come sono, senza orpelli, senza cadere in semplicistiche e pericolose derive. E quella è informazione.
In aula si è dibattuto, si è discusso, ci si è confrontati sulla responsabilità del giornalista, sulla sua necessaria responsabilizzazione. Lo spazio sempre più ampio abitato dai media, fa di lui non un semplice cantastorie della società moderna, ma un educatore.

Riflessioni generavano riflessioni, domande ulteriori domande.
E pian piano mentre il limite netto tra il buono e cattivo giornalismo sfocava e si riduceva ad un confine sempre più sottile, sempre più labile, si palesava invece in maniera sempre più nitida la difficoltà concreta di scrivere, di scrivere un pezzo corretto e utile.

E se gli articoli sono fatti di parole abilmente connesse le une alle altre con abilità stilistica, il giornalismo è qualcosa di più della somma algebrica delle espressioni di un pezzo, il giornalismo è nella sensibilità di chi scrive.

(Lara Stefani  è Avvocato e Giornalista - Collabora con l'Area Giuridico Penale e con l'Area Giornalismo del Centro per gli Studi Criminologici , giuridici e sociologici.)



 


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