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I taccuini di viaggio di Lidia Vignola
Settima narrazione - Réthymno e l'importanza della linea di contorno - Armenoi - Grecia - 01-08-19
 



I taccuini di viaggio di Lidia Vignola
Settima narrazione - Réthymno e l'importanza della linea di contorno - Armenoi - Grecia - 01-08-19
Testimonianze raccontate con passione perché la passione diventi contagiosa

In un pomeriggio caldissimo arriviamo ad Armenoi, nonostante una segnaletica piuttosto debole ed il nostro rifiuto di utilizzare per quanto possibile Google Maps per ritornare alle esplorazioni vecchia maniera.
La necropoli di Armenoi appartiene al periodo del tardo Minoico (XIII-XII sec. a.C.). 221 tombe scavate nella roccia, e perciò perfettamente conservate, di cui una tomba a tholos. Si tratta di tombe a camera, orientate ovest-est, ognuna preceduta da un corridoio lungo e stretto (dromos). Sono stati scoperti vasi, statuette, armi, un talismano che reca un'iscrizione in Lineare A e 500 scheletri che hanno fornito una ricca fonte di informazioni su aspetto fisico e la salute della popolazione in questo periodo. A quanto pare avevano una dieta ricca di carboidrati e mangiavano poca carne.

Ci si cala lungo le pareti, si scavalca la pietra di chiusura riversata a terra, si entra a carponi nelle tombe più piccole e si usa la torcia del cellulare per illuminare l'interno.
Inutile dire che a CC tutto ciò piace moltissimo, nonostante l'afa ed il sole che picchia come un martello. Continua ad indicare nuove entrate, ad un certo punto inverte anche i ruoli e pretende di aiutarmi a risalire i salti di quota, in uno scenario che mi illustra perfettamente la sua considerazione della mia forma fisica. Del resto anche Tsao inciampa in una radice e quasi vola a terra, permettendomi di segnare, con un saltello leggero con cui invece io la scavalco, una rimonta sulla dimostrazione delle rispettive agilità.

La necropoli di Armenoi è stata scoperta e scavata sul fianco di una collina chiamata Prinokefalo.
C’è qualcosa di selvaggio in questo luogo di tombe di tremila anni fa.
Nessuna netta linea di confine tra dromos e scavo.
Nessuna protezione.
Nessun segnale di pericolo di caduta per le sezioni a strapiombo.
Nessuna telecamera.
Nessun custode, se non all'ingresso.
Anche l'intero sito è delineato solo da una recinzione molto labile.
Come se il contorno, il confine, di questo luogo fosse sfumato.
La constatazione di ciò si apre ad una discussione fra Tsao e me sulla percezione pubblica di un sito archeologico come luogo da proteggere e definire.

La possibilità di aggirarsi liberamente in un sito o in un museo è di per sé un fattore di deterioramento o di affezione e di creazione di un legame personale con il bene culturale?
Credo che la risposta più sensata sia predisporre comunque a priori un’educazione e comunicazione al patrimonio culturale che crei la giusta sensibilità che porta ad un comportamento rispettoso, dettato da vero senso di identità e appartenenza, non più un mio ed un suo con conseguente senso del proibito ma un nostro da tutelare e conservare.
Ci dirigiamo verso Rethymno, altra cittadina dal cuore veneziano, dove attraccai per la prima volta un luglio di quasi vent'anni fa con una missione italo-greca per uno scavo a Monastiraki sullo Psiloritis dove ho conosciuto colleghi come Alfredo Carannante e Salvatore Chilardi.

Il Museo archeologico subito fuori uno degli ingressi della fortezza ci permette una piacevole sosta all'ombra e ci imbattiamo anche nel prototipo della torta perfetta per un archeologo.
Finalmente è arrivata l'ora di indulgere al mio "vizio non tanto segreto".
Confesso pubblicamente di essere da parecchi anni una "tangerini sanguini kymos addicted" e che approfitto delle mie permanenze in Grecia per puntuali innumerevoli fermate in qualche peripteros per farne incetta.
D'altronde anche Tsao quando è in terra ellenica considera il nescafe frappé un prolungamento del suo braccio, quindi non mi sento tanto in colpa e anzi inizio anche CC al gusto strepitoso di questo succo introvabile in Italia.
Quando ero piccola esisteva un cartone animato in cui un omino era disegnato solo da una linea di contorno bianca. La cosa che mi colpiva di più era che il terreno e la sua figura fossero fuse senza interruzione. Mi chiedevo sempre dove finisse lui ed iniziasse il mondo in cui viveva e su cui camminava.
Lo stesso succede tra gli uomini e la terra in cui vivono.

Perché in fondo la linea di contorno di una persona o di un sito archeologico o di uno scavo da che cosa è dettata?
Dalle sue caratteristiche peculiari, dalle sue qualità, dai suoi gusti, aspirazioni, dalla grana della sua intrinseca texture.
Così come da madre in figlia alcuni di questi tratti possono essere trasmessi, ancora di più da luogo di cultura a pubblico certi messaggi devono essere comunicati e interiorizzati tramite il contatto e la conoscenza, quasi per osmosi, per diventare parte del proprio bagaglio culturale, del proprio retaggio e quindi, in definitiva, del proprio essere.

Ph. Tsao Cevoli

                                                                                                                                                                Lidia Vignola     

(Direttore del Dipartimento di Archeologia Sociale e educazione al Patrimonio Culturale del CSC e docente nel Master Archeologia Giudiziaria e Crimini contro il Patrimonio Culturale e direttore dell'Osservatorio Internazionale Archeomafie)


 

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