INIZIO CORSI 

 
CALENDARIO 
<
APRILE 2024
>
L M M G V S D
01 02 03 04 05 06 07
08 09 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 -- -- -- -- --
 
 
SAI - Sportello Ascolto Integrato
"VITTIMIZZAZIONE: Cosa succede alla mente dopo un grande trauma"
a cura del Dr. Romeo Lippi
 



"VITTIMIZZAZIONE: Cosa succede alla mente dopo un grande trauma"
a cura  del Dr. Romeo Lippi

Psicologo -  Consulente del S.A.I. Sportello di ascolto integrato

Un’aggressione criminale (rapina) o sessuale (stupro), un disastro naturale (terremoto) o umano (guerra e atti di terrorismo) dividono la vita della vittima in tre momenti: prima, durante e dopo il trauma.

Per capire quanto profondamente la visione del mondo della vittima sia stata cambiata dall’evento è necessario osservare quanto “prima”, “durante” e “dopo” diventino tre momenti di vita molto diversi, ognuno con specifici modi di valutare se stessi, il mondo e gli altri.

Prima del trauma la vittima si percepisce come tendenzialmente sicura; la possibilità di essere vittimizzato è percepita come lontana, ipotetica ma improbabile.

La persona si sente sicura di sé e/o adeguatamente salvaguardata dalla società e dalle precauzioni che quotidianamente si mettono in atto per stare lontano dai pericoli; vive le sue abitudini e porta avanti i propri obiettivi di vita (studio, lavoro, famiglia).

Durante la vittimizzazione, la persona viene gettata d’improvviso nel terrore da un'altra persona ostile, da un gruppo o da una forza della natura, il senso di sicurezza e di azione precedentemente saldi si bloccano. La persona è in un dramma, tagliata fuori dal mondo di persone disponibili ad aiutarla. Il tempo si ferma o rallenta nell’attesa di sopravvivere.

Dopo la vittimizzazione, la persona comincia a stare in una condizione di “vulnerabilità paurosa”: vive costantemente anticipando un’altra futura catastrofe, abuso, violenza.

Sintomi comuni sono l’umore ansioso e/o depresso, trasalire, corpo teso ed incapacità di rilassarsi, ipervigilanza, insonnia e incubi, visione di un futuro oscuro e senza speranze, narrazione continua e passiva della propria vicenda e del proprio dolore e paura.

Tali sintomi sono così pesanti ed invadenti che la persona cerca di sfuggirne, prova ad allontanare pensieri, sentimenti e ricordi evitando attività e luoghi (soprattutto quelli che ricordano il trauma) o attraverso l’uso di sostanze o comportamenti compulsivi che permettano di lenire o non sentire il dolore. Pur cercando di evitare i sintomi essi riaffiorano costantemente, lasciando la persona nello sconforto. Non riesce né ad accettare né ad allontarsi dall’esperienza negativa e perde parte del senso di identità (visto che dentro di sé ha due diverse storie della propria vita tra loro incompatibili: come ero prima, come sono adesso)

La persona vorrebbe dimenticare l’esperienza invece il vissuto dell’esperienza continua a riproporsi.

La visione del mondo è così fortemente alterata: il mondo è imprevedibile ed incontrollabile, gli altri sono ostili o assenti, incuranti, inefficaci, io sono debole, vulnerabile, ferito addirittura riprovevole per quello che ho subito.

È difficile uscire da questi schemi perché essi sono profondamente automatici, derivano infatti un primitivo sistema di valutazione delle minacce che la Natura ci ha fornito per sopravvivere; è difficile quindi bloccare, accedere e modificare tali schemi

Secondo Greenberg, Watson, Liaeter la vittima vive il conflitto e lo stallo tra due parti di sé: una che vuole affrontare l’esperienza per elaborarla e superarla, l’altra che vuole scappare dal dolore che deriva dal ricordare e rivivere il trauma.

Sarà proprio compito del professionista (psicologo, psicoterapeuta, psichiatra) fornire la propria presenza come “altro premuroso” e  riuscire a far affrontare alla persona vittimizzata tale conflitto. Il successivo passo sarà lavorare per ridare alla persona un certo potere su di sé (capacità di difendersi e ricominciare a vivere i propri obiettivi di vita) e ristabilire il mondo come parzialmente degno di fiducia e composto da persone che ci possono aiutare.

Qualora il processo di vittimizzazione sia ancora in atto (ad esempio come nei casi di stalking) bisogna quanto prima trovare delle soluzioni per allontanare la vittima dalla situazione stressante o trovare delle modalità per difendersi adeguatamente da essa.

 


 


Torna indietro | Stampa | Informa un amico
 
Network

Criminologi.com

Tyrris.it

Facebook

CSC

CORSI

FORMAZIONE PROFESSIONALE

EVENTI

ACCEDI

NEWSLETTER

NOTE LEGALI

CARTA QUALITA'

ORGANIGRAMMA

PRESS

Contatti
0761 1711448
334 9694130
  segreteria_csc@criminologi.com
  Piazza S. Francesco, 2
01100 Viterbo

Visitatori Correnti : 0
Iscritti : 0